Per la “Fase 2” e per l’uscita del Paese dall’emergenza sanitaria e dalla crisi economica, occorre includere nell’agenda politica nazionale delle scelte e strategie che contribuiscano ad aumentare la coesione dei territori e i legami tra aree montane e urbane, tra pezzi diversi del Paese che devono essere in dialogo. Abbiamo la necessità di recuperare un forte “territorialismo”, che metta in relazione le aree interne e rurali d’Italia con i sistemi europei e internazionali. I territori devono essere protagonisti.

Inizia così la lettera inviata dal Presidente Uncem Marco Bussone al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e a Vittorio Colao, a capo della task force di esperti che dovrà dare strumenti per la “fase 2”, oltre che ai vertici dei Partiti e ai Capigruppo in Parlamento delle forze politiche.

Sei i pilastri del lavoro che Uncem propone, per le prossime settimane e i prossimi mesi:

1. Riconosciamo nel Paese il ruolo degli Enti locali per gli investimenti e per l’organizzazione dei servizi pubblici. Non solo grandi opere dovranno essere finanziate, ma tante opere di piccola e media dimensione, sui territori, che possano coinvolgere il tessuto delle imprese, degli artigiani, che consentano di investire velocemente risorse economiche che lo Stato mette a disposizione. Pensiamo all’edilizia scolastica, per nuove scuole belle e sicure, alle case della cultura e del welfare, alla manutenzione di strade, paesaggio versante, alla protezione dal dissesto. 50 miliardi di euro l’anno per tre anni di investimenti territoriali, fuori dal patto di stabilità. Comuni, grandi e piccoli devono lavorare insieme, a livello territoriale di “ambiti” e di bacino. Non da soli, ma insieme, investendo su opere per la collettività le risorse pubbliche con meno burocrazia e con una semplificazione determinante.
2. Innovazione e infrastrutture digitali sono decisive. Non c’è competitività, su metà del Paese, se non acceleriamo il Piano per la banda ultralarga, oggi troppo lento. Il Piano Bul deve marciare veloce. Così le reti 5G e wi.fi. Non confondiamo il divario digitale territoriale, oggi gravissimo, con la mancanza di competenze e di accesso al digitale. Sono problemi diversi e paralleli. Avere infrastrutture adeguate consente alla Pubblica Amministrazione e alle imprese sui territori alpini e appenninici di approntare nuovi servizi digitali, di essere smart, con soluzioni oggi non possibili. I divari sono troppi e riguardano anche accesso alla telefonia mobile (1200 Comuni registrano disfunzioni sulle reti) e alla tv. Occorre investire risorse e impegnare le Telco in un’opera più raffinata di copertura e diffusione che non dimentichi le aree orograficamente più complesse.
3. Turismo e agricoltura sono i pilastri dell’economia dei territori montani. Nelle Alpi e negli Appennini non perdere l’annata agraria vuol dire investire sulle aziende agricole, consentire anche operatività a tutti i cittadini, nei loro orti e nelle loro vigne. Sono emblema del Paese che cura i suoi versanti, come lo è la gestione attiva forestale, a beneficio dell’assetto idrogeologico. Il turismo di prossimità, nei borghi, dovrà trovare incentivi e coordinamento. Impegniamo insieme i territori, le valli montane a trovare strumenti per un’offerta turistica competitiva e che incroci anche l’agricoltura, multifunzionale, con imprese che devono essere sostenute, fatte crescere.
4. La montagna italiana, il 50{ccce2d7062cd57164d72f0e3b3cce99be735d2486bde8f2358934a29c9ee22c8} dell’Italia è il cuore della green economy e dell’economia circolare. La montagna custodisce i grandi bacini di risorse, acqua e foreste in primis. Sblocchiamo insieme risorse per rivitalizzare il settore delle rinnovabili, coinvolgiamo le comunità territoriali, gli Enti locali, evitiamo che siano spettatori di grandi investimenti che non lasciano benefici alle aree interessate. Occorre un nuovo patto sussidiario tra chi investe e chi genera utili, con chi vive nelle zone montane e interne del Paese. Le “Green communities” sono la chiave per lo sviluppo, soluzione integrata per economie di territorio orientate al futuro.
5. Siamo per un’Europa vera dei popoli, dei territori uniti, forte e dove solidarietà e sussidiarietà sono al centro.
Il Manifesto di Ventotene ci guidi. Occorrono nel Paese strategie integrate per i territori, nel quadro delle risposte alla crisi climatica. Per questo Uncem ha creduto dal primo giorno di vita (otto anni fa) nella “Strategia nazionale per le aree interne” che oggi va potenziata – verso un Programma operativo nazionale, PON, nella nuova Programmazione comunitaria 21-27 – per aree interne e montane. Sono strategie decisive quelle all’interno della “Piattaforma Montagna” elaborata da Uncem a fine gennaio 2020 a partire dalle importanti mozioni varate dalla Camera dei Deputati. È imprescindibile inserire investimenti e opportunità nel quadro della lotta ai cambiamenti climatici, nell’Agenda 2030 con i suoi preziosi obiettivi per lo Sviluppo sostenibile, anche alla luce dell’importante “Manifesto per un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica”, varato ad Assisi a febbraio da Fondazione Symbola. In questi documenti vi sono strumenti forti per una rinascita del Paese che tenga insieme tutti, tutte le porzioni di territorio, anche le meno densamente popolate alle quali ha sempre dedicato particolare attenzione il Presidente Mattarella.
6. Tutto questo si può esprimere con un importante riconosciuto ruolo delle comunità, dichiarato e sancito. Le comunità sono la forza dei territori. Nei piccoli Comuni, nei borghi italiani, non c’è spaesamento e non siamo ‘numeri’. Recuperiamo un nuovo senso del territorio e delle persone che insieme condividono storia, cultura, tradizioni, luoghi, piazze, centri storici. Oltre ogni individualismo, le comunità sono la forza dell’Italia, connesse da associazionismo e volontariato, punte di diamante nel terzo settore. Puntiamo su di loro con coraggio, guardando a un superamento delle disuguaglianze e a un superamento delle sperequazioni con una solidarietà che non è assistenzialismo ma rete che punta anche a una nuova “economia di comunità”, con una finanza di comunità, le cooperative di comunità, le energie delle comunità.”Piena disponibilità a lavorare con gli esperti – evidenzia Marco Bussone, Presidente Uncem – Abbiamo composto un gruppo di persone che sta operando su questi sei e altri punti. Ogni pomeriggio un webinar Uncem con 100, 150 persone, tantissimi Amministratori locali. Un lavoro di tessitura e rete che dà a Uncem, a tutti corpi intermeti degli strumenti che rilanciamo per il bene del Paese. Usciamo dal centralismo-urbano, guardiamo oltre. Guardiamo alla vitalità dei territori e delle comunità. Puntiamo su di loro, sul patto tra Comuni, imprese, volontariato. È determinante. La forza dei territori fa bene al paese. Esaltiamo questo territorialismo, questa forza. Che non si chiude, si apre, è inclusivo, sostenuto da solide base culturali, da un pensiero e da un dialogo con tutti. Diamogli gambe e testa. Ripartiamo dai territori. Nona abbiamo tempo da perdere”.